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Conflavoro e OPA: “Consentire all’estetica i servizi nelle zone rosse”

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Appello delle due associazioni affinché l’estetica in sicurezza non sia stoppata

Per Conflavoro Pmi l’ultimo Dpcm avrebbe dovuto esprimere maggiore considerazione nei confronti di una categoria importante per l’economia italiana, ovvero l’estetica, permettendole di proseguire in sicurezza il servizio nelle zone rosse. Un punto di vista condiviso anche da OPA, l’associazione degli onicotecnici professionisti aderente alla stessa Conflavoro, la quale, a oggi, rientra nella categoria dei centri estetici.

“Stoppare nelle zone critiche i servizi dell’estetica – sostiene il presidente di Conflavoro, Roberto Capobianco – a nostro giudizio è sintomo di scarsa considerazione per la categoria. La quale, invece, rivendica la propria importanza al pari di chi, e ne siamo felici, può continuare a offrire i propri servizi alla persona in piena sicurezza, come i parrucchieri. Noi siamo convinti che, rispettate le rigorose misure dei protocolli anti contagio, ogni attività abbia il diritto di proseguire il proprio lavoro. O, quantomeno, di essere indennizzata a dovere. Purtroppo non accade, nella fattispecie, né l’una né l’altra cosa. Anzi sono numerosissimi i casi di attività del genere che, nel clima di incertezza e paura, continuano a perdere clientela, anche storica, dallo scorso maggio rispetto ai mesi pre lockdown. Attività che, per inciso, sono le uniche totalmente ferme, non potendo naturalmente lavorare online né a domicilio. E il paradosso è che ne guadagnano gli abusivi della professione. Di conseguenza, la richiesta di Conflavoro al Governo è semplice: occorre includere la categoria nelle attività di servizio alla persona escluse dalle restrizioni. Non è possibile né corretto dare all’estetica l’ennesima mazzata”.

 

La forte posizione di OPA

A Roberto Capobianco fa eco Nicoletta Fasoli, presidente nazionale di OPA. “L’onicotecnica professionista, esattamente come le attività attualmente ‘sorelle’ nel mondo dell’estetica, ha sempre rispettato con rigore i protocolli di sicurezza. Come ad esempio per i cinema, il nostro settore è finito, e non è dato sapere il perché, nel calderone dei bistrattati nonostante non rappresenti assolutamente una fonte di contagio. Abbiamo speso molto denaro e perso clientela per adeguarci alle stringenti norme anti contagio, e a nostro giudizio non è corretto spazzare via questi sforzi. Garantiamo, lo ribadisco, uno standard elevatissimo di sicurezza come gli organi adibiti ai controlli sanno benissimo. E quindi, esattamente come accade per altri servizi alla persona ligi alle regole, chiediamo di poter proseguire l’attività nelle zone rosse”.

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