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Conflavoro PMI: “Serve governo, aumento Iva sarebbe mannaia per le imprese”

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Il presidente Capobianco: “L’incertezza politica rischia di vanificare la timida crescita”

“L’incertezza sulla formazione del nuovo governo può fermare i timidi segnali di ripresa dell’economia italiana”. La pensa così il presidente di Conflavoro PMI, Roberto Capobianco, che commenta gli ultimi dati diffusi da Istat. I quali confermano sì la crescita del Pil e dell’occupazione, ma fanno anche emergere le prime avvisaglie di difficoltà congiunturali.

“A due mesi dal voto per il rinnovo del parlamento – commenta Capobianco – non è ancora chiaro se si riuscirà a formare un governo e con quale orizzonte temporale o se si tornerà a votare. In tutto questo sulla testa delle piccole e medie imprese c’è la mannaia del possibile aumento dell’Iva, che avrebbe conseguenze davvero gravi. A questo si aggiunga il limbo in cui si trova il governo delle politiche economiche del Paese. Non dimentichiamoci che è un momento delicato anche per il futuro dell’export, a partire dalle mire protezionistiche degli USA”.

“Il paese, insomma – dice Capobianco – ha bisogno di una guida certa e con programmi chiari che possa confermare quello spiraglio di buone notizie che per le aziende era arriva negli ultimi mesi. Siamo ancora lontani dai livelli pre 2008 e non certo fuori da una crisi a questo punto decennale. Perdere il treno della ripresa potrebbe avere davvero delle conseguenze drammatiche”.

 

I dati dell’Istat

Il Pil italiano tiene nei primi tre mesi dell’anno. Nel primo trimestre del 2018 la crescita è dello 0,3%, cosa che porta a 15 i trimestri consecutivi di crescita. Rallentamenti ci sono, però, sul dato tendenziale ovvero nel raffronto con il trimestre precedente: la crescita è stata dell’1,4%, contro il +1,6% del trimestre ottobre-dicembre 2017. Rispetto al periodo pre-crisi, primo trimestre 2008, l’economia italiana registra ancora una perdita del 5,5%.

Quanto al mercato del lavoro, dopo la battuta d’arresto osservata a fine 2017, a marzo la disoccupazione è rimasta stabile all’11%, ma è diminuita quella giovanile tra i 15 e i 24 anni, scesa al 31,7%. Gli occupati sono aumentati di 62 mila unità, arrivando a 23 milioni 134 mila, pari al 58,3%, il livello più alto dal 2008.

La spinta è arrivata dai giovani di sesso maschile, quelli tra i 15 e i 34 anni. Gli under 25 vedono scendere il loro tasso di disoccupazione al 31,7%, il valore più basso da fine 2011. Per i giovani fra i 25 e i 35 anni la crescita dei posti tocca quota 59 mila. Soffre invece la classe d’età intermedia.

I lavoratori autonomi sono stati 56 mila in più rispetto a febbraio, i dipendenti a termine 8 mila in più, mentre sono diminuiti i contratti stabili (-2 mila).

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