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Terzo Settore

Preparedness Union, il ruolo del Terzo Settore nella strategia europea

Il ruolo strategico e trasversale che il Terzo Settore può e deve esercitare nella nuova European Preparedness Union Strategy, secondo Oliviero Casale

di Oliviero Casale – Componente CTS Terzo Settore Conflavoro

Come componente del Comitato Tecnico-Scientifico per il Terzo Settore all’interno di Conflavoro, ritengo fondamentale richiamare l’attenzione sul ruolo strategico e trasversale che il nostro comparto può e deve esercitare nella nuova European Preparedness Union Strategy, delineata dalla Commissione Europea e dall’Alto Rappresentante nel marzo 2025.

Pur non menzionando esplicitamente il Terzo Settore con questa espressione, la Strategia riconosce in modo inequivocabile la centralità delle organizzazioni della società civile, del volontariato, delle reti locali e dei soggetti sociali organizzati. Questi attori sono chiamati ad assumere un ruolo strutturale nella costruzione di un’Europa più preparata, coesa, generativa e capace di trasformazione sociale.

Il Terzo Settore per un’Europa orientata al bene comune

La Strategia nasce in risposta a una complessità crescente di scenari e minacce sistemiche, che richiedono visioni integrate, approcci innovativi e una forte partecipazione della società civile. In questo contesto, il Terzo Settore non è un soggetto sussidiario, ma un pilastro funzionale alla realizzazione di un’Unione Europea più equa, consapevole e orientata al bene comune.

I contenuti della European Preparedness Union Strategy

Le numerose sezioni del documento – dalla Population Preparedness alla cooperazione pubblico-privato, dalla giustizia sociale alla partecipazione civica – evidenziano un orientamento che interpella direttamente il nostro settore. La strategia, infatti, apre un nuovo spazio di responsabilità e riconoscimento per il Terzo Settore, non solo nella gestione dell’urgenza, ma nella costruzione di modelli di prevenzione, rigenerazione e apprendimento collettivo, capaci di incidere in profondità sulle politiche pubbliche europee.

Proprio grazie alla sua vicinanza costante ai territori e alla società civile, il Terzo Settore è in grado di intercettare non solo i segnali complessi delle grandi transizioni in atto, ma anche i segnali deboli, spesso precoci e silenziosi, che anticipano bisogni emergenti o cambiamenti profondi. Questa capacità di ascolto diffuso e profondo rappresenta un valore strategico per la costruzione di una preparedness europea capace di leggere il presente e orientare il futuro in modo inclusivo, partecipato e generativo.

Partecipazione civica e approccio “whole-of-society”

Uno degli assi portanti della Strategia è l’approccio whole-of-society, che invita esplicitamente a coinvolgere tutti gli attori sociali, nessuno escluso, nella costruzione della capacità europea di affrontare rischi complessi.

Si legge che è necessario “promuovere una cultura inclusiva della preparazione e della resilienza, che coinvolga cittadini, comunità locali e società civile, insieme al mondo imprenditoriale, accademico e alle istituzioni”. Questa impostazione rappresenta una chiara legittimazione del ruolo del Terzo Settore quale interlocutore istituzionale e operatore chiave della transizione verso una società capace di prevenzione e risposta integrata.

La Population Preparedness – che costituisce una delle sette aree chiave della Strategia – afferma con forza che “la preparazione è una responsabilità collettiva”. Qui il Terzo Settore trova un riferimento diretto alla sua azione quotidiana: dalla promozione dell’educazione civica alla costruzione di reti di solidarietà, dalla formazione alla comunicazione sociale, fino all’empowerment delle fasce vulnerabili.

Il nostro comparto, forte della sua presenza diffusa nei territori, della sua capacità di prossimità e del suo radicamento nella fiducia, è naturalmente predisposto a ricoprire un ruolo di cerniera tra istituzioni e cittadinanza, tra pianificazione tecnica e bisogno reale. Il suo coinvolgimento attivo rappresenta la condizione per rendere l’approccio whole-of-society non solo un principio dichiarato, ma una pratica concreta e sistemica.

Un’infrastruttura sociale per la trasformazione

L’azione del Terzo Settore è riconosciuta implicitamente dalla Strategia come componente fondamentale di una nuova infrastruttura sociale trasformativa, necessaria per affrontare crisi interconnesse e durature. La Strategia si muove oltre la logica della semplice resilienza per proporre una visione evolutiva, in cui la capacità di reagire si accompagna alla possibilità di trasformare strutturalmente i modelli di sviluppo, convivenza e coesione.

In questo contesto, le organizzazioni del Terzo Settore agiscono come agenti trasformativi, in grado di:

  • generare autosufficienza e auto-organizzazione territoriale;
  • sviluppare competenze relazionali, sociali e intergenerazionali capaci di abitare l’incertezza;
  • stimolare apprendimenti collettivi, non per tornare alla normalità precedente, ma per prefigurare nuovi equilibri sociali.

La Strategia stessa riconosce che “la preparazione non è un’azione episodica, ma un processo continuo e collettivo che deve permeare tutta la società”. A ciò si affiancano azioni concrete:

  • il rafforzamento dei programmi come il Corpo Europeo di Solidarietà e Erasmus+, in ottica di preparazione e partecipazione attiva;
  • la creazione di una Preparedness Task Force (Azione 18), che include la società civile e i partner sociali, come luoghi permanenti di confronto;
  • il sostegno alla formazione, all’educazione civica, alla simulazione partecipata e allo scambio di buone pratiche.

Tutti strumenti in cui il Terzo Settore può portare competenze, modelli educativi, reti sociali e visioni innovative.

Un orizzonte di giustizia sociale, uguaglianza e bene comune

La Strategia riconosce esplicitamente il rischio che le crisi acuiscano le disuguaglianze esistenti e afferma un principio fondamentale: “Equality considerations need to be mainstreamed throughout preparedness”. Questo orientamento si colloca nel quadro della Union of Equality e della Roadmap for Women’s Rights, a conferma della volontà dell’UE di fondare la preparazione su basi di giustizia, inclusione e accessibilità universale.

Per il Terzo Settore, che da sempre lavora con e per le fasce più vulnerabili della popolazione, questo passaggio rappresenta una chiamata diretta all’azione: combattere l’emarginazione, dare voce a chi è invisibile, costruire piattaforme inclusive, è parte costitutiva della nostra identità.

Inoltre, la Strategia richiama la necessità di integrare le persone migranti, i giovani, le donne, gli anziani, le persone con disabilità e le persone in povertà all’interno delle politiche di preparazione. Questo è il campo d’azione naturale del Terzo Settore, che attraverso servizi di prossimità, advocacy e progettazione sociale, opera per non lasciare indietro nessuno – principio esplicitamente richiamato dalla Strategia.

Verso un’Europa antifragile, il Terzo Settore come protagonista

Il paradigma che attraversa la Strategia è quello della antifragilità, intesa come capacità non solo di resistere agli shock, ma di evolvere positivamente grazie ad essi. In questa prospettiva, il Terzo Settore è chiamato ad essere moltiplicatore di antifragilità, trasformando ogni crisi in un’occasione di apprendimento, connessione e rigenerazione.

Le organizzazioni civiche, le reti solidali, i soggetti di prossimità diventano attivatori di processi trasformativi, in grado di:

  • stimolare innovazione sociale dal basso;
  • mobilitare energie comunitarie e capitale relazionale;
  • generare modelli di cooperazione intersettoriale tra pubblico, privato e comunità;
  • contribuire a una nuova visione della sicurezza: inclusiva, partecipata, generativa.

Come afferma il documento: “le comunità locali e la società civile sono spesso le prime a rispondere alle emergenze e devono essere parte integrante della pianificazione”. In questa frase c’è tutto: riconoscimento, legittimazione e responsabilità. Non si tratta più di essere consultati, ma di essere coinvolti nella governance. Non solo pronti a intervenire, ma coinvolti nel co-costruire un’Europa più pronta, più giusta, più capace di futuro.

Questo orientamento trova ulteriore conferma in almeno tre direzioni strategiche delineate nel documento ufficiale:

  1. La necessità di un apprendimento continuo – La Strategia sottolinea come la capacità di preparazione non possa essere statica o standardizzata, ma richieda esercitazioni, valutazioni, raccolta e condivisione delle lezioni apprese, anche su base intergenerazionale. In questo senso, il Terzo Settore è già portatore di pratiche riflessive, approcci educativi non formali e strumenti di formazione partecipata che possono rafforzare una cultura pubblica dell’adattamento e della trasformazione;
  2. Il rafforzamento delle reti territoriali – Le reti civiche e solidali rappresentano già oggi una infrastruttura sociale resiliente e reattiva, spesso capace di agire prima delle istituzioni e di restare presente anche dopo l’intervento emergenziale. Inserirle stabilmente nei meccanismi di previsione, allerta e risposta può costituire uno dei pilastri di una governance plurale e democratica delle crisi;
  3. Il contributo dell’innovazione sociale e civica – La Strategia invita chiaramente a valorizzare la ricerca e l’innovazione non solo in campo tecnologico, ma anche nel campo dell’organizzazione sociale. Il Terzo Settore è da anni incubatore di soluzioni ibride, partecipative, a basso costo e ad alto impatto, capaci di generare valore collettivo in contesti complessi. I suoi metodi di sperimentazione, valutazione partecipata e adattamento progressivo sono pienamente in linea con la logica antifragile richiesta.

Il percorso verso un’evoluzione culturale profonda

Inoltre, l’antifragilità che si propone come obiettivo strategico europeo richiede un’evoluzione culturale profonda. Si tratta di uscire da una visione della sicurezza fondata esclusivamente sulla protezione e il controllo, per abbracciare una sicurezza fondata sulla cura, sulla relazione e sulla costruzione condivisa di senso e futuro.

Anche in questo campo, il Terzo Settore può svolgere una funzione educativa e simbolica cruciale: rimettere al centro la persona, la comunità e il valore del legame. Un’Europa antifragile, dunque, non si costruisce solo con infrastrutture materiali, ma anche – e soprattutto – con infrastrutture relazionali e culturali. Con legami fiduciari, capitale sociale e fiducia istituzionale. Il Terzo Settore non solo presidia questi elementi, ma li genera, li nutre e li rigenera quotidianamente, attraverso il lavoro spesso invisibile di milioni di volontari, operatori, attivisti e reti sociali.

Infine, è importante sottolineare che la capacità antifragile non si limita alla risposta alle crisi: essa si manifesta anche nella prefigurazione attiva di nuovi modelli di convivenza. Un Terzo Settore capace di proporre visioni trasformative e orientate al futuro, di accompagnare processi partecipativi di democrazia locale, di contribuire a progettare città inclusive, servizi ibridi e soluzioni collaborative, può e deve diventare motore di rigenerazione europea, oltre l’emergenza, oltre la crisi. Perché l’antifragilità, in fondo, non è una semplice funzione adattiva, ma una scelta politica: quella di investire nel potenziale trasformativo delle comunità, di riconoscere le soggettività civiche come costitutive del futuro europeo, e di valorizzare la fragilità come punto di partenza per una forza nuova, condivisa e generativa.

Conclusioni

La European Preparedness Union Strategy affida al Terzo Settore un ruolo fondamentale, implicito ma trasversale, in tutte le sue linee di intervento. Dal rafforzamento delle comunità locali alla promozione dell’uguaglianza, dalla partecipazione giovanile alla coesione sociale, il Terzo Settore emerge come leva strategica e strutturale per il cambiamento sistemico.

La sfida ora è rendere effettiva questa visione: partecipare attivamente alla sua implementazione, costruire alleanze interistituzionali, formare competenze diffuse, attivare la creatività dei territori e portare nel dibattito europeo la nostra cultura della prossimità, della solidarietà e della trasformazione sociale. In questo processo, sarà importante osservare con attenzione l’evoluzione concreta della Strategia, che affronta in modo ampio e coraggioso scenari complessi e interconnessi, segnati da sfide globali, sociali, ambientali, tecnologiche e geopolitiche.

Proprio per la vastità dei contesti coinvolti, sarà necessario vigilare affinché l’attuazione delle misure non si orienti prevalentemente su approcci tecnici o settoriali, ma contribuisca in modo determinato al consolidamento del tessuto democratico e sociale dell’Europa. La prospettiva di una Preparedness Union antifragile non può prescindere dall’investire su relazioni di fiducia, giustizia sociale, partecipazione attiva e prossimità civica. È nella capacità di apprendere dai traumi collettivi, di riorganizzare le priorità sociali e di generare nuove visioni condivise che si misura la vera antifragilità di un’Unione.

Ed è proprio in questa dimensione trasformativa, non meramente adattiva, che il Terzo Settore può offrire un contributo essenziale: non solo reagire agli shock, ma trasformarli in energia per innovare, includere e rigenerare. Perché ciò possa accadere in modo diffuso e duraturo, sarà fondamentale sollecitare con forza investimenti e fondi strutturati a favore del Terzo Settore, destinati a rafforzarne le competenze, le infrastrutture e la capacità di azione nei territori. Sostenere la crescita di una cultura antifragile e civica richiede risorse adeguate, progettualità condivise e un riconoscimento istituzionale stabile.

Il futuro della preparazione europea si giocherà anche sulla nostra capacità di esserci come attori protagonisti, di proporre soluzioni concrete e visioni coraggiose, per un’Europa che non solo reagisce, ma si rigenera con le crisi, insieme alle persone e alle comunità.
Un’Europa che sappia fondare un futuro prospero, giusto e sostenibile, mettendo al centro il bene comune di tutti noi.

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