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Draghi da Mattarella, dimissioni. Elezioni il 2 ottobre?

Il presidente Draghi ha rassegnato le dimissioni al Capo dello Stato. Il Governo rimarrà in carica per gli affari correnti. Si va verso il voto anticipato

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Mario Draghi si è dimesso questa mattina (2 luglio). Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ne ha preso atto. Il Governo rimarrà in carica per il “disbrigo degli affari correnti”. Palazzo Chigi sta predisponendo a riguardo una direttiva che conterrà le indicazioni utili circa i progetti connessi al PNRR.

Draghi ha poi incontrato a palazzo Giustinani la presidente del Senato, Elisabetta Casellati e il presidente della Camera, Roberto Fico.

L’ormai ex Premier non ha più la maggioranza. Ieri (20 luglio), nelle ultime ore del ‘giorno più lungo’, il voto in Senato ha visto l’astensione del Movimento Cinque Stelle, Lega e Forza ItaliaLa fiducia, tecnicamente, il governo Draghi l’avrebbe ottenuta comunque con 95 voti favorevoli (Pd, Leu Ipf, il centro di Toti), ma “la maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più”, come aveva detto annunciando le proprie dimissioni (14 luglio) poi respinte da Mattarella.

La crisi

Lo strappo c’è stato quando i Cinque Stelle, la settimana scorsa, hanno deciso di non votare il Decreto Aiuti Bis sfidando la maggioranza di Governo. Il provvedimento, che stanzia più di 16 miliardi a favore di famiglie e imprese contro l’inflazione e il caro-energia, è stato però comunque approvato dalla Camera (313 presenti, 266 sì e 47 no). 

Giuseppe Conte aveva in seguito consegnato a Draghi un documento in nove punti con le richieste urgenti del Movimento al Governo. La polemica principale riguardava la questione della ‘stretta’ sul Reddito di Cittadinanza. 

Venuta meno l’unità del Governo, Mario Draghi aveva poi rassegnato le proprie dimissioni (14 luglio) al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che le aveva respinte invitando Draghi alle Camere per “effettuare, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata“. La speranza era quella che si potesse evitare di giungere alla fine della legislatura.

Parlando al Senato Mario Draghi aveva quindi chiesto il consenso più ampio possibile al Parlamento perché, aveva sottolineato l’ex Premier, sarebbe stato necessario per un “presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori“. L’unica strada per andare avanti sarebbe stata quindi quella di “ricostruire daccapo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità“. 

Così però non è stato. Ieri (20 luglio) l’astensione dal voto per la fiducia del Movimento Cinque stelle, della Lega e di Forza Italia. Stamani (21 luglio), alla Camera, all’inizio del dibattito sulla fiducia, l’ultimo atto prima delle dimissioni al Colle: “Vado al Quirinale per comunicare le mie determinazioni“, queste le parole dell’ex Primo Ministro durante l’intervento flash. 

Cosa succederà dopo le dimissioni di Draghi?

Note le dimissioni di Mario Draghi, si può dire che non ci sono alternative allo scioglimento delle Camere

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, riceverà nel pomeriggio al Palazzo del Quirinale i Presidenti delle Camere Elisabetta Casellati e Roberto Fico (art. 88 della Costituzione). 

La data del voto potrebbe essere il 2 ottobre. La Costituzione, all’articolo 61, stabilisce infatti che “le elezioni delle Camere hanno luogo entro settanta giorni dallo scioglimento di quelle precedenti”. Sempre l’articolo 61 della Costituzione si stabilisce poi che “la prima riunione delle Camere deve avere luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. 

In questo caso si arriverebbe quindi a una data tra il 15 e il 22 ottobre.

Una volta eletti i presidenti della Camera e del Senato e formati i gruppi Parlamentari, il Capo dello Stato aprirebbe le consultazioni. Nel 2018 si votò il 4 marzo e il governo Conte I giurò l’1 giugno, cioè 90 giorni dopo.


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