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Fisco, cresce l’economia sommersa. Ma quanto incidono davvero le Pmi e gli autonomi?

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Oltre 182 miliardi sottratti al fisco ogni anno soprattutto da mafia e big company, mentre la pressione fiscale per i più piccoli resta al 60%

Doveva essere una rivoluzione, e invece… Niente di nuovo sul fronte fiscale per piccole e medie imprese e lavoratori autonomi. Anche il 2020 non sembra porterà veri benefici, o nuovi e più concreti sgravi, o maggiori e significativi incentivi allo sviluppo del tessuto imprenditoriale e, di conseguenza, occupazionale.

Il risultato immediato? La voglia di lasciar stare, di smettere di fare impresa quando invece la promessa era quella di un alleggerimento delle tasse, di maggiore trasparenza, di minore burocrazia, di accertamenti più equi e non indistinti. Quando tutto ciò non avviene, quello che viene alimentato non è il rilancio dell’Italia, ma l’economia sommersa in tutte le sue forme.
 

L’incisione delle piccole imprese sul sommerso complessivo? Meno del 5%

Secondo uno studio di KRLS Network of Business Ethics per l’Associazione Contribuenti Italiani, nel primo semestre del 2019 l’imponibile evaso in Italia è cresciuto del 3,8% con punte record nel Nord dove ha raggiunto il 5,1%. Sono le big company, i grandi gruppi industriali, a far da maggiore traino all’evasione con 37,8 miliardi di euro annui sottratti al fisco italiano. 

Ma l’economia sommersa – e anche qua si stimano oltre 34 miliardi annui – è alimentata anche dai lavoratori in nero, circa 2,9 milioni di persone per la gran parte cinesi ed extracomunitari. Per non parlare dell’economia criminale, con le mafie italiane e straniere che evadono oltre 78 miliardi di euro. Se poi prendiamo in considerazione le circa 800 mila società di capitali attive (esclusi i grandi gruppi), il 78% di queste non versa quanto dovuto il che si traduce in 22,4 miliardi annui.

E le piccole imprese, gli autonomi quanto pesano? Loro si fermano a 8,5 miliardi, pertanto incidono per circa il 4,8% sull’evasione complessiva italiana. Sono le stesse piccole imprese e gli stessi autonomi che (vedi scontrini elettronici, per fare un esempio ormai già fuori risonanza mediatica) finiscono per subire le conseguenze più gravose quando si parla di nuovi balzelli. Sono le stesse realtà produttive che riscontrano difficoltà enormi ad accedere a bandi, formazione professionale dei lavoratori, formazione imprenditoriale stessa. Ovvero tutti quegli strumenti che permettono realisticamente un sostegno allo sviluppo.
 

Incentivi, formazione, agevolazioni per chi crea davvero lavoro

La soluzione? Non può essere immediata, ma di certo urge una effettiva e congrua riforma fiscale che disincentivi pratiche quali abusivismo, concorrenza sleale e punisca chi, ad esempio, gode di benefici presi in Italia e poi li reinveste altrove. Contestualmente, impossibile non ribadirlo, è necessario agevolare e sostenere con sgravi e incentivi chi, nonostante tutto, continua a creare occupazione ed evita la desertificazione economica delle nostre realtà territoriali: le piccole e medie imprese, appunto. Un bisogno così scontato e sentito dal tessuto imprenditoriale che dovrebbe essere superfluo anche soltanto parlarne.

Insomma, alle imprese spina dorsale del Paese resta di nuovo il cerino in mano in vista della legge di Bilancio. La pressione fiscale al 60%, le commissioni nei pagamenti elettronici, i pagamenti d’imposta anticipati a prescindere da come andranno gli affari nei mesi successivi: sono numerose e spesso fantasiose le situazioni negative che si trovano a dover affrontare le imprese italiane. Situazioni che, ciascuna a suo modo, finiscono però per impedire la crescita della piccola realtà aziendale e bloccare l’economia di tutto il Paese.

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