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La settimana politica: 5% PIL alla difesa e tasse soft per le Big Tech USA

A L’Aia, l’ok al 5% del PIL ei Paesi Nato alla difesa, mentre il G7 annuncia accordo sul global minimum tax con l’esenzione per le Big Tech USA

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La settimana scorsa, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preso parte al vertice NATO svoltosi a L’Aia, focalizzato sull’incremento delle spese militari per la difesa. In concomitanza con l’evento istituzionale, nella stessa città si è tenuta l’iniziativa “No rearm, no war”, che ha visto la presenza, tra gli altri, del presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, il quale ha definito come “un suicidio” la decisione di aumentare i fondi destinati agli armamenti.

Nelle conclusioni ufficiali del summit si sottolinea l’intesa degli alleati, che intendono rafforzare l’impegno congiunto per la sicurezza dell’area euro-atlantica, prevedendo entro il 2035 uno stanziamento pari al 5% del PIL in ambito difesa e sicurezza.

In particolare, è previsto un minimo del 3,5% del PIL destinato alla spesa militare secondo gli standard dell’Alleanza Atlantica, e fino all’1,5% del PIL per il potenziamento delle infrastrutture strategiche, delle reti, della resilienza civile, dell’innovazione tecnologica e del comparto industriale della difesa. Ogni Stato membro dovrà elaborare piani annuali per il raggiungimento graduale di tali traguardi, con una revisione prevista per il 2029, sulla base dell’evoluzione dello scenario geopolitico (guarda il punto stampa del Presidente Meloni).

L’accordo sulla global minimum tax

Oltre l’accordo sulla difesa, restando sul piano internazionale, la presidenza canadese del G7 ha annunciato che è stato raggiunto un accordo sulla global minimum tax, con un’importante esenzione per le compagnie statunitensi -un successo politico rilevante per il Presidente Donald Trump e le Big Tech americane.

L’accordo è stato trovato su una “soluzione parallela” che in ragione della “sovranità fiscale dei Paesi” esenta le compagnie americane da alcune parti del nuovo regime fiscale, in ragione delle tasse che già pagano negli Usa. L’accordo è stato costruito intorno a una cosiddetta “soluzione parallela” che, nel rispetto della “sovranità fiscale nazionale”, esclude le società americane da alcune disposizioni del nuovo schema fiscale, tenendo conto del carico tributario già sostenuto negli Stati Uniti.

Questa decisione rischia però di compromettere i principi della minimum tax globale concordata nel 2021, pensata per contrastare l’elusione fiscale delle multinazionali, in particolare del settore tech. Nella dichiarazione finale del G7 – priva di effetti vincolanti e che dovrà essere ratificata da 147 Stati membri dell’OCSE – si afferma che il regime alternativo negoziato con Washington potrà agevolare ulteriori passi avanti nella stabilizzazione del sistema fiscale internazionale, stimolando un confronto costruttivo sulla tassazione del digitale e sulla tutela dell’autonomia fiscale di ogni Stato.

La posizione del Ministro Giorgetti

Il Ministro dell’Economia Giorgetti ha accolto favorevolmente tale accordo, affermando come lo stesso rappresenti “un compromesso onorevole trovato con l’amministrazione americana che protegge le nostre imprese dalle ritorsioni automatiche originariamente previste dalla clausola 899 dell’Obbba (One Big Beautiful Bill Act) all’esame del Senato Usa. Dobbiamo continuare a lavorare in questa direzione e favorire il dialogo”.

La Cassazione sul protocollo tra Italia e Albania

In politica interna fa discutere la relazione, dettagliata ma priva di effetti vincolanti, della Corte di Cassazione dedicata alla gestione dei cittadini stranieri trattenuti, con particolare riferimento al protocollo tra Italia e Albania. Nel documento emergono varie perplessità sull’intesa, evidenziando come anche autorevoli voci della dottrina giuridica abbiano messo in dubbio la compatibilità del protocollo sia con la Costituzione italiana sia con le norme del diritto internazionale.

Un focus specifico è dedicato inoltre alla relazione tra il protocollo e il quadro giuridico dell’Unione europea. Nella sezione in cui si analizzano i possibili conflitti con la Carta costituzionale, vengono segnalate possibili violazioni di diritti fondamentali, come il diritto all’assistenza sanitaria e quello alla difesa legale.

Il documento rileva, inoltre, che l’accordo non chiarisce con precisione i destinatari della misura, limitandosi a un generico riferimento ai “migranti”, con il rischio di creare una disparità di trattamento tra coloro che restano in Italia e quelli che vengono trasferiti nei centri albanesi. Il tema è rimasto ancora una volta al centro del dibattito politico, con le opposizioni all’attacco del Governo, che ha respinto le accuse al mittente. 

Il Governo vara nuovo decreto flussi

La questione migratoria sarà al centro del Consiglio dei Ministri di questo pomeriggio. Il Governo si appresta infatti a varare un nuovo decreto flussi, che da quanto si apprende dovrebbe prevedere altri 500 mila ingressi di lavoratori stranieri nel triennio 2026-28.

L’obiettivo è rafforzare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito per favorire la migrazione regolare e contrastare quella irregolare. Il provvedimento dovrebbe inoltre introdurre misure per agevolare l’ingresso in Italia di lavoratori altamente qualificati.

 

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