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Italia ancora in crisi? Colpa degli scarsi investimenti pubblici

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Boom dell’export, caduta libera degli investimenti

Investimenti pubblici a picco e così la nave Italia non riesce a prendere il largo nel mare dell’economia, con il Pil che resta bloccato ai livelli del 2000. Ben prima, dunque, della crisi che di lì a otto anni avrebbe porato il caos.

E’ una situazione drammatica, quella dell’Italia. Al Paese, infatti, non basta il boom dell’export (valore Pil +10,8% dal 2007) per risalire davvero la china. Colpa degli investimenti pubblici lordi, i quali incidono in modo molto negativo (valore Pil -24,3% dal 2007) sul computo totale del Prodotto interno lordo.

Risultato? Dal 2000 a oggi la crescita media annua del Pil italiano si ferma a +0,15% in Italia, fanalino di coda nell’area Euro a 19 Paesi (+1,16%). A conti fatti, quindi, nello Stivale, la crescita economica degli ultimi 17 anni si attesta su un magro +2,6% di Prodotto interno lordo (area Euro a 19 +21,6%). Peggio di noi, ma nemmeno troppo col suo -0,07% di media annua, ha fatto soltanto la Grecia.

 

Due decenni a crescita zero uccidono imprese e consumi

La denuncia arriva dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha elaborato una ricostruzione statistica incrociando i dati forniti nel tempo da Istat e Commissione europea. “Gli investimenti pubblici – sostiene il coordinatore Paolo Zabeo – sono una componente del Pil meno rilevante in termini assoluti, ma fondamentale per la creazione di ricchezza.”

“Se non miglioriamo la qualità e la quantità delle nostre infrastrutture materiali, immateriali e dei servizi pubblici, questo Paese è destinato al declino. Senza investimenti – prosegue Zabeo – non si creano posti di lavoro stabili e duraturi in grado di migliorare la produttività del sistema e, conseguentemente, di far crescere il livello delle retribuzioni medie”.

Se la crescita del Pil italiano si barcamena da tempo immemore sullo zero virgola, il vero dramma si registra dal 2007 al 2017. Da allora, infatti, il nostro Pil si attesta su un complessivo -5,4%, anche qui davanti alla sola Grecia sprofondata di 25,2 punti percentuali. L’area Euro a 19 Paesi, però, torna a navigare con una media di crescita del Pil pari al 5,9%.

 

La crisi è finita. Per gli altri

I dati fotografano, infatti, una situazione di crescita economica del tutto diversa nell’area Euro a 19 Paesi, tanto nel periodo 2000-2017 quanto nel parziale 2007-2017 condizionato dalla crisi.

Il +21,6% del primo periodo risulta fortemente influenzato dai primi sette Paesi in classifica: dal +113,2% dell’Irlanda al +60,3% del Lussemburgo. Ma, in senso negativo, risulta altrettanto determinante quanto registrano Italia, Grecia e Portogallo (+7,4%), con quest’ultimo che ha comunque un Pil molto migliore rispetto al +2,6% di crescita italiana.

Per non parlare poi di Spagna (+31,3%), Germania (+23,7%) e Francia (+21,7%), ossia i principali competitor dello Stivale nell’area Euro a 19 Paesi, avanti anni luce rispetto all’Italia nella summa dei 17 anni.

E’, però, prendendo visione del periodo decennale della crisi che si nota davvero chi ce l’ha fatta a rialzarsi (quasi tutti) e chi, come l’Italia, è ancora KO. Se Malta (+46,6%), Irlanda (+46,4%) e Slovacchia (+26,7%) distanziano tutti nella crescita del Pil dal 2007 a oggi (Italia, lo ricordiamo, a -5,4%), per lo Stivale è impietoso anche il paragone con le solite Spagna (+2,8%), Germania (+12,3%) e Francia (+7%).

E così, se da una parte la nave Italia non riesce a prendere il largo nel mare dell’economia, dall’altra non ha più nemmeno la sicurezza del porto di casa cui attraccare.

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