Economia L’Italia e il peso insostenibile del costo del lavoroIl nuovo rapporto OCSE rilancia una questione annosa: il costo del lavoro in Italia rasta tra i più alti d’Europa, incidendo su salari e consumi lunedì 5 Maggio 2025martedì 6 Maggio 2025 Array Il nuovo rapporto OCSE Taxing Wages 2025 rilancia con forza una questione annosa per il sistema produttivo italiano: il costo del lavoro in Italia è ancora tra i più alti d’Europa, ma i salari netti percepiti dai lavoratori restano tra i più bassi. Un paradosso che grava sulle imprese, penalizza i lavoratori e ostacola la crescita economica. Un cuneo fiscale che soffoca imprese e lavoratori Nel 2024 il cuneo fiscale italiano è salito al 47,1%. È uno dei valori più alti tra i Paesi OCSE. A pagarne il prezzo sono entrambi i poli del rapporto di lavoro: da un lato le imprese, costrette a sostenere un carico contributivo elevatissimo, e dall’altro i dipendenti, che vedono ridotto al minimo il frutto del proprio lavoro. In pratica, quasi la metà del costo del lavoro finisce in imposte e contributi, senza che questo si traduca né in stipendi più alti né in servizi pubblici percepiti come efficienti. È un sistema che disincentiva l’occupazione regolare, ostacola l’assunzione di nuove risorse e taglia il potere d’acquisto delle famiglie. Il costo del lavoro italiano ci rende meno competitivi L’elevato onere fiscale e contributivo rende il lavoro in Italia meno conveniente sia per chi assume, sia per chi lavora. Le imprese italiane devono affrontare un cuneo fiscale al 47,1%, con contributi a carico del datore di lavoro pari al 24% del costo del lavoro. In confronto, in Spagna il costo del lavoro a carico delle aziende è del 23,4%, in Germania del 16,8%, nel Regno Unito del 10,2% e negli Stati Uniti del 7,5%. Solo in Francia (26,7%), tra i Paesi big, il costo del lavoro è maggiore rispetto a quello dell’Italia, ma Parigi – esattamente come Berlino – riesce comunque a garantire stipendi netti più alti e servizi più efficienti. Questo squilibrio mette le imprese italiane in una condizione di svantaggio competitivo sia sul mercato interno che su quello internazionale. Non sorprende che molte aziende guardino altrove per investire o che fatichino ad attrarre capitali esteri. Il costo del lavoro italiano, così com’è strutturato, è un freno alla crescita. Salari netti più bassi, consumi più deboli L’altra faccia della medaglia è rappresentata dai lavoratori. Il salario netto medio in Italia – al netto di imposte e contributi – resta ben al di sotto della media OCSE. Nonostante le imprese spendano molto per ciascun dipendente, quel costo non si traduce in buste paga più pesanti. E questo ha una conseguenza diretta: famiglie con meno reddito disponibile, consumi in calo e domanda interna debole. Capobianco: “Momento di cambiare rotta” “Ridurre il costo del lavoro non è uno slogan: è una necessità strategica. Serve un intervento profondo e strutturale sul costo del lavoro, che alleggerisca la pressione sulle imprese e restituisca dignità economica ai lavoratori. Solo così sarà possibile stabilizzare e incrementare sempre più l’occupazione, rafforzare la competitività del nostro tessuto produttivo e rimettere in moto i consumi”, commenta il presidente di Conflavoro, Roberto Capobianco. La tua crescita passa da una nostra sede Cerca la più vicina a te Tanti vantaggi in una tessera associativa Iscriviti ora Tanti vantaggi in una tessera associativa Iscriviti ora Scopri le altre nostre convenzioni 10% di sconto sui tuoi viaggi Leggi tutto Gestione delle risorse umane in un clic Leggi tutto 30% di sconto sulle tariffe web Leggi tutto Nexi, l'innovazione dei pagamenti digitali in Italia Leggi tutto