Lavoro Tempo determinato irregolare convertito? La NASpi non va restituitaSecondo la Cassazione, l’utilizzo improprio del contratto a tempo determinato può portare alla conversione in indeterminato, e la NASpi ricevuta è legittima mercoledì 3 Settembre 2025lunedì 29 Settembre 2025 Array L’utilizzo improprio del contratto a tempo determinato, ad esempio realizzato con proroghe e rinnovi che non rispettano i limiti di legge, può determinare la conversione automatica a tempo indeterminato del contratto fin dall’origine, e la NASpi ricevuta non va restituita. È proprio questo il caso trattato dalla sentenza n. 23876 del 26 agosto 2025 delle Sezioni Unite della Cassazione, che ha riportato l’attenzione sulle conseguenze di una gestione scorretta dei rapporti di lavoro e le implicazioni in materia di percezione della disoccupazione. La questione è analizzata dall’Area Relazioni Industriali di Conflavoro, che evidenzia il rilievo della decisione per i soggetti del rapporto di lavoro. Il caso analizzato Il caso riguarda un lavoratore assunto con una serie di contratti a termine, dichiarati poi illegittimi dal giudice, comportando la trasformazione in rapporto a tempo indeterminato e condannando il datore di lavoro al pagamento di un’ingente indennità risarcitoria. In parallelo, l’INPS ha tentato di ottenere dal lavoratore la restituzione della NASpI, sostenendo che la conversione in tempo indeterminato sin dall’origine eliminasse lo stato di disoccupazione e fosse incompatibile con la corresponsione dell’indennità risarcitoria dovuta dall’azienda. La decisione della Corte su legittimità NASpi Partendo dalla distinzione tra rapporto di lavoro e rapporto previdenziale, la Corte ha ritenuto legittima la NASpI erogata al lavoratore. Alla prima forma – che riguarda la relazione tra datore di lavoro e lavoratore – fa riferimento l’indennità risarcitoria prevista dalla legge 183/2010, qualificata come misura forfettaria e onnicomprensiva, che ha natura compensativa ed è volta a risarcire l’illegittima precarizzazione del rapporto, non coprendo il reddito mancato durante periodi di inattività. La seconda tipologia di rapporto – quella tra lavoratore e istituto previdenziale – riconosce la Naspi come forma di sostegno economico durante un effettivo stato di bisogno, ad esempio il periodo di tempo intercorso tra la scadenza di un contratto e la successiva stabilizzazione. Secondo i giudici supremi, la disoccupazione va valutata come condizione reale e non come conseguenza di una ricostruzione formale. Infatti, nel periodo intercorso tra la cessazione del contratto e la reintegrazione effettiva, il lavoratore non ha percepito reddito, pertanto la NASpI ha contribuito a garantire un sostegno al reddito in quel preciso arco temporale, configurandosi come pienamente legittima. Ciò determina l’impossibilità per l’Inps di invocare l’art. 2033 del c.c. per chiedere la restituzione delle somme corrisposte. Conclusioni La sentenza mette dunque in evidenza un duplice profilo. Da un lato, la tutela del lavoratore che ha vissuto una disoccupazione effettiva e non deve restituire la prestazione previdenziale. Dall’altro, la responsabilità del datore di lavoro in caso di contratti a tempo determinato non conformi, che può determinare la conversione del contratto e la corresponsione di un’indennità risarcitoria, senza poter compensare con le somme già erogate dall’INPS. L’Area Relazioni Industriali di Conflavoro sottolinea come la decisione delle Sezioni Unite confermi la funzione solidaristica della NASpI e al tempo stesso richiami i datori di lavoro alla corretta applicazione della normativa sui contratti a termine. La tua crescita passa da una nostra sede Cerca la più vicina a te Tanti vantaggi in una tessera associativa Iscriviti ora Tanti vantaggi in una tessera associativa Iscriviti ora Scopri le altre nostre convenzioni Condizioni agevolate agli associati Conflavoro PMI Leggi tutto 10% di sconto sui tuoi viaggi Leggi tutto Gestione delle risorse umane in un clic Leggi tutto 30% di sconto sulle tariffe web Leggi tutto