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Licenziamento del lavoratore in età da pensione? Ecco quando è legittimo

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Senza lavoro e senza pensione: la Corte di Cassazione accoglie ricorso contro il cosiddetto licenziamento ad nutum previsto nella riforma Fornero

Il licenziamento (ad nutum) senza obbligo di motivazione per il lavoratore che ha raggiunto i limiti di età pensionistici non è legata al requisito anagrafico. E’, piuttosto, correlato al conseguimento effettivo del suo diritto alla pensione. Il licenziamento da parte dell’impresa, pertanto, risulta legittimo solo nel caso in cui al lavoratore in uscita venga erogata subito la pensione.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza 13181/2018, la quale ha accolto un apposito ricorso presentato da un dipendente ‘liberato’ dalla sua azienda in base a quanto previsto dal Dl 201/2011, la cosiddetta riforma Fornero.

 

Il focus dell’ordinanza

La possibilità del recesso ad nutum – scrivono i giudici – con sottrazione del datore di lavoro all’applicabilità del regime dell’art. 18 I. n. 300 del 1970, è condizionata non dalla mera maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi idonei per la pensione di vecchiaia, bensì dal momento in cui la prestazione previdenziale è giuridicamente conseguibile dall’interessato”.

La riformulazione normativa del sistema pensionistico vigente, così voluto dall’ex ministro Elsa Fornero, in favore della cosiddetta quota 100 ancora da stabilire nelle modalità, è uno dei cavalli di battaglia in comune tra Lega e M5S. Ora che i due movimenti sono riusciti a formare il governo, milioni di lavoratori attendono un’iniziativa in tal senso. Nel frattempo, però, la Corte di Cassazione ha chiarito questo importante passaggio sulla legittimità del licenziamento ad nutum.

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