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Cig:+70% in un anno, governo anticipa le 4 settimane previste in autunno

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‘Tamponato’ in parte il caos che sarebbe scoppiato a breve, ma la questione viene solo spostata

Ieri sera il CdM, svoltosi a Villa Pamphilj nella settimana degli Stati generali (Conflavoro Pmi sarà presente mercoledì 17 giugno), ha dato il via libera al decreto legge che permette ai datori di lavoro di fruire di ulteriori quattro settimane anche per periodi decorrenti prima del 1° settembre 2020. Questo qualora abbiano già fruito del trattamento di integrazione salariale ordinario, straordinario o in deroga, per l’intero periodo precedentemente concesso ossia fino alla durata massima di quattordici settimane.

Resta però ferma la durata massima di 18 settimane, considerati cumulativamente i trattamenti riconosciuti. Significa che, in sostanza, si sposta a settembre il problema che ci sarebbe stato fin da subito con la normativa vigente, con un numero spropositato di lavoratori destinato a rimanere senza garanzie di ammortizzatori sociali nel periodo estivo.

Il nuovo decreto legge, inoltre, dispone che i datori di lavoro che abbiano erroneamente presentato la domanda per trattamenti diversi da quelli a cui avrebbero avuto diritto, o comunque con errori od omissioni che ne hanno impedito l’accettazione, indipendentemente dal periodo di riferimento, possano presentare la domanda nelle modalità corrette entro 30 giorni dalla comunicazione dell’errore nella precedente istanza.

 

Il disastro del lockdown

Intanto l’Istat rende pubblici i dati di una ricerca effettuata a maggio su capitoli pressanti come la liquidità delle imprese e, appunto, gli ammortizzatori sociali. In particolare, tra marzo e aprile si è registrato un drastico calo, oltre il 50% di fatturato in meno, per 4 imprese su 10. Ma è oltre il 70% delle imprese (che rappresentano il 73,7% dell’occupazione) a dichiarare una riduzione del fatturato nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel 27,1% si è ridotto tra il 10% e il 50% e nel 3% dei casi meno del 10%. Nell’8,9% delle imprese il valore del fatturato è invece rimasto stabile e il 14,6% delle imprese dichiara di non avere registrato alcun fatturato,

Oltre la metà delle imprese, con il 37,8% di occupati, prevede poi una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si presenteranno fino alla fine del 2020. Il 42,6% delle imprese, per far fronte alla crisi, si sono nuovamente indebitate con le banche.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, il 70,2% delle imprese hanno fatto ricorso alla Cig o a strumenti analoghi. A fine maggio 2020, il 90% delle imprese con almeno 3 addetti (circa 906 mila unità che impiegano
12,2 milioni di addetti, pari al 95,5% del totale) dichiara di avere adottato nuove misure di gestione del personale legate all’emergenza sanitaria. Il 10% – scrive l’Istat – che non ha alterato le strategie di utilizzo dei lavoratori
(poco più di 101 mila unità che occupano circa 570 mila addetti) è composto prevalentemente da imprese con meno di 10 addetti, per lo più non interessate dai provvedimenti di chiusura amministrativa, che operano in alcuni comparti industriali come alimentare, farmaceutica, elettronica, nel commercio al dettaglio e in alcuni settori del terziario quali trasporto terrestre, programmazione/trasmissione, assistenza sociale residenziale.

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